"Lo Spazio del Corpo"
presentazione mostra personale
La prima parola che mi viene in mente, osservando le opere di Anna Gallo, è delicatezza, sarà per la morbidezza delle forme, sarà per l'uso rilassato dei colori.
La seconda parola è corpo, corpo come carne, come movimento fra corpi.
Poi affiorano le mani, che sembrano farsi spazio nel colore, le mani come simbolo, come gesto, come segno d'identità, come desiderio di contatto.
C'è poi la sensualità nei movimenti, la sacralità del corpo, corpo , corpo .
Lo spazio del corpo, come suggerisce, appunto, il titolo della personale dell'artista, sembra essere lo spazio che il corpo si prende nella vita di tutti i giorni, lo spazio del corpo fra i corpi, lo spazio del corpo nei gesti. E queste figure, morbide, a tratti sensuali, sembrano volerci comunicare un movimento, fragile, e forte nello stesso tempo. E le mani: le mani dietro cui nascondersi, le mani dove ritrovarsi e ritrovare un contatto epidermico, emotivo, che scende dentro noi stessi. La tecnica usata dall'artista mi ha lasciato immaginare, forse idealizzare, questi corpi come sacri, che lasciano impressa la loro traccia sulla stoffa. Infatti la sperimentazione dell'artista si basa sull'uso dell'acquerello con una concezione del tutto personale: mescolato con caffè, gessetti e acrilici. Il supporto non è la tela, ma teli, teli che ricordano lenzuola. Il caffè, le lenzuola, piccoli messaggi che ci riportano ad assaporare la quotidianità nei gesti, nella vita di tutti i giorni.
Allora mi viene da pensare all'esperienza di una donna, una donna che non è tale solo per definizione, ma: donna e mamma, donna e moglie, donna e artista.
Quello di Anna Gallo, è un dono, se vogliamo, una finestra sulla sua vita, un'artista che ci sta tendendo le mani per accompagnarci a visitare il suo percorso.
Lisa Massei
presentazione mostra personale
La prima parola che mi viene in mente, osservando le opere di Anna Gallo, è delicatezza, sarà per la morbidezza delle forme, sarà per l'uso rilassato dei colori.
La seconda parola è corpo, corpo come carne, come movimento fra corpi.
Poi affiorano le mani, che sembrano farsi spazio nel colore, le mani come simbolo, come gesto, come segno d'identità, come desiderio di contatto.
C'è poi la sensualità nei movimenti, la sacralità del corpo, corpo , corpo .
Lo spazio del corpo, come suggerisce, appunto, il titolo della personale dell'artista, sembra essere lo spazio che il corpo si prende nella vita di tutti i giorni, lo spazio del corpo fra i corpi, lo spazio del corpo nei gesti. E queste figure, morbide, a tratti sensuali, sembrano volerci comunicare un movimento, fragile, e forte nello stesso tempo. E le mani: le mani dietro cui nascondersi, le mani dove ritrovarsi e ritrovare un contatto epidermico, emotivo, che scende dentro noi stessi. La tecnica usata dall'artista mi ha lasciato immaginare, forse idealizzare, questi corpi come sacri, che lasciano impressa la loro traccia sulla stoffa. Infatti la sperimentazione dell'artista si basa sull'uso dell'acquerello con una concezione del tutto personale: mescolato con caffè, gessetti e acrilici. Il supporto non è la tela, ma teli, teli che ricordano lenzuola. Il caffè, le lenzuola, piccoli messaggi che ci riportano ad assaporare la quotidianità nei gesti, nella vita di tutti i giorni.
Allora mi viene da pensare all'esperienza di una donna, una donna che non è tale solo per definizione, ma: donna e mamma, donna e moglie, donna e artista.
Quello di Anna Gallo, è un dono, se vogliamo, una finestra sulla sua vita, un'artista che ci sta tendendo le mani per accompagnarci a visitare il suo percorso.
Lisa Massei
”Metamorfosi del segno e dell’anima”
Su una vecchia enciclopedia della Sonzogno trovo la parola metamorfosi.
Dal greco “meta” (dopo) e “morphee” (forma). Metamorfosi, ovvero passaggio da
Una forma all’altra, ma anche modificazione di forma e struttura a cui vanno soggetti certi animali dopo che hanno lasciato il corpo della madre. Ma anche poema mitologico in 15 canti di Ovidio: 246 favole che si riferiscono alla trasformazione di un essere umano in pietra, in pianta, in animale.
Ma Anna Gallo cosa ha a che fare con le Metamorfosi?
Credo che proprio la trasformazione sia l’essenza della sua pittura visto che, tra l’altro, considera come sua opera prima (lasciando da parte i lavori di ricerca e sperimentazione) proprio un disegno a carboncino su tela del 1997 intitolato “Metamorfosi”.
Da allora l’artista ha continuato a sperimentare, incentrando la sua attenzione soprattutto sul corpo umano e prendendo spunto anche da se stessa e dal trasformarsi del suo corpo toccato dalla gioia della maternità.
Nascono così le tele dove (evitando di farsi distrarre dalle scenario di fondo che così diventa quasi sempre un monocromo) su quel corpo umano insiste, almeno per ora, decisamente con poca indulgenza; per lei l’uomo, prima che spirito, è carne e sangue.
Sono le forme, quelle capaci di mutare, ad interessare il suo pennello.
E proprio nello studiare le forme ha effettuato un percorso in senso inverso rispetto alla norma visto che dalla stilizzazione è passata ad una carnalità che è studio anatomico e che a volte, ti da la sensazione di ricevere un “pugno nello stomaco” grazie anche all’invenzione di contrasti violenti con i fondali.
Una carnalità che, nelle tele destinate ai particolari, può lasciar pensare anche ad una pianta, ad una pietra, ad un animale: metamorfosi insomma, ma del segno e dell’anima.
Anima alla ricerca di dar corpo alla propria joie de vivre e alle pulsioni a volte violente del proprio sangue mediterraneo.
Su una vecchia enciclopedia della Sonzogno trovo la parola metamorfosi.
Dal greco “meta” (dopo) e “morphee” (forma). Metamorfosi, ovvero passaggio da
Una forma all’altra, ma anche modificazione di forma e struttura a cui vanno soggetti certi animali dopo che hanno lasciato il corpo della madre. Ma anche poema mitologico in 15 canti di Ovidio: 246 favole che si riferiscono alla trasformazione di un essere umano in pietra, in pianta, in animale.
Ma Anna Gallo cosa ha a che fare con le Metamorfosi?
Credo che proprio la trasformazione sia l’essenza della sua pittura visto che, tra l’altro, considera come sua opera prima (lasciando da parte i lavori di ricerca e sperimentazione) proprio un disegno a carboncino su tela del 1997 intitolato “Metamorfosi”.
Da allora l’artista ha continuato a sperimentare, incentrando la sua attenzione soprattutto sul corpo umano e prendendo spunto anche da se stessa e dal trasformarsi del suo corpo toccato dalla gioia della maternità.
Nascono così le tele dove (evitando di farsi distrarre dalle scenario di fondo che così diventa quasi sempre un monocromo) su quel corpo umano insiste, almeno per ora, decisamente con poca indulgenza; per lei l’uomo, prima che spirito, è carne e sangue.
Sono le forme, quelle capaci di mutare, ad interessare il suo pennello.
E proprio nello studiare le forme ha effettuato un percorso in senso inverso rispetto alla norma visto che dalla stilizzazione è passata ad una carnalità che è studio anatomico e che a volte, ti da la sensazione di ricevere un “pugno nello stomaco” grazie anche all’invenzione di contrasti violenti con i fondali.
Una carnalità che, nelle tele destinate ai particolari, può lasciar pensare anche ad una pianta, ad una pietra, ad un animale: metamorfosi insomma, ma del segno e dell’anima.
Anima alla ricerca di dar corpo alla propria joie de vivre e alle pulsioni a volte violente del proprio sangue mediterraneo.
Alberto Gavazzeni
"Per Anna Gallo"
L’elemento metamorfico si dispiega nella seconda fase dell’esperienza artistica di Anna Gallo, senza perdere ma, anzi, a tratti accentuando, quella carica espressionistica inquietante che la nuova tecnica (il carboncino) è in grado di approfondire con maggiori dettagli e forza espressiva del segno.
L’ambiguità inquietante della raffigurazione è in taluni casi in grado di restituire ovidiamente il momento di trapasso dall’una all’altra forma.
……l’elemento inconscio sembra quindi agire come una sorta di risacca, che getta sulla battigia della coscienza materiale che non vuole subire completamente l’elaborazione data dal segno grafico-pittorico, e tende quindi a rimanere nella dimensione di passaggio meta-morfica o anamorfica, di non compiuta elaborazione segnica, pur sapendosi caricare di risonanze simboliche.
Nell’ultima fase artistica prevale invece la ricerca di un approdo in cui le forme pervengono ad una stabile solidità, ed è la stagione dei nudi, contraddistinta dall’esperienza della maternità.
E tuttavia, anche queste ultime opere, se tendono ad acquisire una pienezza volumetrica, si mantengono ancora in quella zona pre-identitaria, senza assumere la compiutezza di una figurazione reale; l’occhio artistico può soffermarsi su sezioni corporee (in prevalenza le gambe il busto, talvolta fissati in torsioni che ne esasperano la consistenza anatomica), ma sempre rimanendo allo stadio di “prigioni”, stilizzando, blocchi volumetrici dai quali il processo di estrazione della forma compiuta rimane volutamente in buona parte inattuato, come se elemento conscio e inconscio, interpretati, dovessero ancora trovare un loro equilibrio identitario: obiettivo al quale il percorso artistico di
Anna Gallo potrà tendere, nell’ulteriore sviluppo della sua interessante ricerca.
Leonello Rabatti
"Le Fleur"
Le piante e i loro frutti sono da sempre collegati, a partire dalla mitologia classica e ancor prima in forma archetipica come elementi dell’inconscio collettivo Junghiano, a figure di divinità femminili che simboleggiano la fecondità e soprattutto la vita.
Chi era Flora se non la dea romana della fioritura delle messi e della primavera?
Ogni fiore dietro al suo profumo, ai colori, alla sua flebile leggerezza cela in sé una profonda forza vitale che l’artista Anna Gallo rappresenta e riporta nelle sue opere attraverso scelte cromatiche ottenute dalla commistione di oli, pastelli e succhi profumati di frutta, ma soprattutto grazie alla scelta di un supporto, quello della carta, che ne ripropone la stessa natura; flessibile , effimera , drammaticamente soggiogata alle intemperie della mano dell’artista e allo scorrere del tempo. Inoltre questi lavori si fanno
involontariamente “memento mori”, un imperativo che rimanda alla consapevolezza che tutto deve finire e decadere.
Ma questo tenere sempre presente l’idea della morte serve soprattutto ad evidenziare il senso della vita . Il teschio come simbolo seicentesco più celebre di questo monito all’inevitabile, si trasforma qui in un manto di colori, con una leggiadra maschera che si fa sprone per non dimenticare che la vita non è solo un’attesa inutile e che anzi deve essere “colta” in ogni attimo, poiché proprio ogni attimo fiorisce ma decade in modo repentino.
E’ significativo il fatto che l’artista abbia utilizzato anche strumenti ed oggetti appartenenti ai figli: i loro colori, alcuni improvvisati, altri fatti in casa come i succhi di frutta, poiché come il fiore sa che ha una vita breve , cosciente sa anche che non sarà vana poiché i suoi semi ne genereranno altra.
Sara Vannacci